lunedì 8 giugno 2009

Solidarietà con la lotta dei popoli dell'Amazzonia in Perù!

Solidarietà con la lotta dei popoli dell'Amazzonia in Perù!Appello internazionale libertario
Questo appello è un'iniziativa di solidarietà internazionale libertaria con i popoli indigeni e dell'Amazzonia in Perù, in lotta per la difesa della loro terra e della loro cultura ancestrale.

Questa terra e questa cultura sono oggi violate e minacciate dal governo peruviano, il quale -alleato con l'imperialismo, le multinazionali e la Destra (soprattutto l'APRA - Alianza Popular Revolucionaria Americana, Unidad nacional ed il movimento che si rifà a Fujimori) - ricorre a decreti esecutivi incostituzionali, in coerenza con la firma messa dal Perù sull'accordo con gli USA noto come NAFTA.

La Unión Socialista Libertaria si rivolge agli anarchici, ai libertari e ad altre organizzazioni similari in tutto il mondo perchè firmino questo appello, lo facciano proprio, ne diffondano i contenuti online, sulle mailing lists, nelle riviste, nei giornali, nei bollettini, nei documenti, sui murales, nei forum, negli eventi pubblici culturali e politici, e così via, con lo scopo di assumere una chiara e militante posizione libertaria su quello che sta succedendo in Perù.

Chiediamo perciò ai nostri compagni libertari di organizzare mobilitazioni e manifestazioni fuori delle sedi diplomatiche peruviane in ogni paese, in coordinamento con altri settori in lotta, allo scopo di denunciare le azioni dello Stato e delle multinazionali in Perù.

Confidiamo nella solidarietà che ci caratterizza come rivoluzionari libertari, confidiamo nel fatto che faremo causa comune con i nostri fratelli indigeni, che gli faremo sapere che non sono soli, che la loro lotta è la nostra lotta, finché non avremo una società veramente fondata sulla piena libertà, sull'autonomia e sul progresso umano, senza sfruttati e senza sfruttatori.

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Le comunità indigene e dell'Amazzonia nella giungla peruviana (specialmente a Loreto, San Martín, Amazonas, Ucayali, Huánuco, Cuzco e Madre de Dios) stanno suonando ancora una volta i tamburi di guerra per la lotta e la resistenza contro la minaccia portata contro di loro dal modello economico neoliberista supportato dal governo peruviano (guidato dal partito Aprista).

Le comunità hanno lanciato un appello per la ribellione popolare con lo sciopero generale a tempo indeterminato che è in corso con grande partecipazione di massa dal 9 aprile di quest'anno. Le comunità sono dunque sul piede di guerra da oltre 50 giorni e questo è un chiaro esempio del loro valore, della loro capacità organizzativa e del loro eroismo.

Questo intenso processo di lotta degli indigeni dell'Amazzonia scaturisce dalle decisioni del governo peruviano, il quale contravvenendo ai trattati internazionali sottoscritti, sta sistematicamente violando la Convenzione dei Popoli Indigeni e Tribali, nota come Convenzione n°169, stabilita dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, con cui si sancisce la preventiva consultazione obbligatoria dei popoli indigeni su qualsiasi intervento di pianificazione riguardi le loro terre, convocando gli appositi organismi delle comunità.

In altre parole, il governo Aprista ha iniziato (o meglio, ha ricominciato) una nuova campagna di inopinata sottrazione, e di vendita alle multinazionali più generose, di terre che per storia e tradizione appartengono a tutte le comunità (Wajún-Wampis, Kichuas, Arabelas, Huaronis, Pananujuris, Achuar, Murunahus, or Chitonahuas, Cacataibos, Matsés, Candoshis, Shawis, Cocama-Cocamilla, Machiguengas, Yines, Asháninkas, Yaneshas ed altre, comprese le popolazioni "non contattate"), che oggi rivendicano il loro diritto ad esistere e resistere.

Il ruolo dello Stato peruvianoLa Legge n°20653, la Legge Generale sulla Comunità dei Nativi, che venne approvata nel giugno 1974 dal regime militare del generale Juan Velasco Alvarado, riconosce la "legale esistenza e la identità giuridica dei popoli indigeni dell'Amazzonia e dei loro territori, dichiarandoli inalienabili, irrevocabili ed inviolabili".

Questa legge venne confermata con la Costituzione del 1979. Ma è stata stralciata con un semplice tratto di penna dalla Costituzione di Fujimori nel 1993, per spianare la strada alla confisca ed al saccheggio delle terre ad opera dei governi successivi, aprendo così le porte al NAFTA (North American Free Trade Agreement), recepito con una legge effetto dei decreti esecutivi del secondo governo Aprista.Non dobbiamo dimenticare il fatto che con la Costituzione Fujimori del 1993 si lascia aperta la porta al saccheggio delle risorse del paese.

Quindi è chiaro che era già iniziato il lavoro per soffocare ed isolare le comunità, a tutto vantaggio dell'avidità delle multinazionali che ci guadagnavano in concessioni per l'estrazione di petrolio, gas, minerali, per il turismo ed il disboscamento in aree tradizionalmente appartenenti alle popolazioni che vivono in quelle terre.

In altre parole, veniva lastricata la strada perchè lo Stato potesse dichiarare che le terre dei popoli native erano "disponibili in base all'economia di mercato", ricorrendo a decreti esecutivi che bypassavano il Parlamento.Ancora una volta lo Stato peruviano si è dimostrato non essere altro che uno strumento di dominio e di sfruttamento nelle mani della classi sfruttatrici di questo paese, le quali stanno cercando di continuare il processo di esproprio non solo dei diritti politici, ma anche delle risorse dei popoli indigeni (nativi), che ora sono in rivolta contro il potere degli oppressori.

Come comunisti libertari, noi dichiariamo che il diritto alla libera autodeterminazione delle comunità dei nativi si esercita tramite il potere popolare, basato su principi comunitari, sull'utilizzo e sull'uso collettivo delle risorse naturali, nonché su quelle forme di lavoro e di benefici collettivi che sono stati tradizionalmente preservati in Amazzonia, sede di 31 dei 114 ecosistemi mondiali, sede del 95% delle foreste del Perù, importante fonte potenziale di acqua e delle risorse di energia idricaLa lotta dei popoli indigeni di Abya YalaNel contesto dello Sciopero Generale Popolare Indigeno, si è svolto nel Puno, una delle regioni meridionali del Perù, un importante meeting delle comunità native delle Ande.

Questo incontro è stato denominato 4° Summit Continentale dei Popoli Indigeni e delle Nazioni di Abya Yala e si è concluso il 31 maggio scorso, con un accordo unanime per il rispetto della madre terra e delle sue risorse naturali, con un forte respingimento della privatizzazione dell'acqua, della presenza delle multinazionali e del modello economico neoliberista..

Questo accordo è stato incluso nella "Dichiarazione di Mama Quta Titikaka" (il Lago Titicaca, sul confine tra Perù e Bolivia), con cui si lancia per giugno una mobilitazione dei vari organismi sociali ed indigeni, in difesa dei popoli dell'Amazzonia, insieme ad un appello per manifestazioni e proteste da fare sotto le sedi diplomatiche peruviane in ogni paese.

E' importante in sé, sottolineare la natura di questo vertice indigeno, che è stato del tutto autogestito, con un'organizzazione cara ai militanti libertari. Nelle Raccomandazioni Conclusive, il vertice auspice la "costruzione delle Comunità Plurinazionali dei Popoli, basate sull'autogoverno e sulla libera determinazione di ogni popolo".

Parimenti, si denuncia il ruolo della stampa ufficiale dedita alla disinformazione, allo snaturamento o al silenzio su quello che sta accadendo nella giungla peruviana, in evidente collusione con la corrente neoliberista all'interno del governo e con i suoi leaders: Alan García, vice-presidente ed ammiraglio in pensione responsabile dei massacri nelle carceri durante il primo governo Aprista negli anni '80;
Luis Giampietri, il primo ministro, Yehude Simon, già leader di sinistra che è stato persino imprigionato per le sue posizioni e che ora è il fedele custode della reazione Aprista.E' chiaro che per la borghesia che controlla lo Stato agli ordini dell'imperialismo, l'obiettivo è l'esproprio delle comunità.

Si tratta al tempo stesso di un piano per distruggere la struttura di organizzazione sociale e di relazioni che lega le comunità tra di loro ed alla terra, una organizzazione sociale e relazionale che collide nella sua essenza con la concezione occidentale della proprietà e che quindi diventa un freno alla voracità del capitalismo multinazionale che sta cercando di radicarsi in queste zone, usurpandone i diritti grazie all'intervento dello Stato per farne dei feudi in cui sia garantita la prosperità ed il dominio degli sfruttatori.

Il Presidente Alan García mente "subdolamente" quando dice che dei 63 milioni di ettari della giungla peruviana, solo 12 milioni appartengono alle comunità dell'Amazzonia; infatti sono invece 25 i milioni di ettari che appartengono alle comunità, come confermato da Alberto Piango, leader e maggiore esponente delle comunità in lotta, il quale è stato accusato di "minacciare la sicurezza nazionale e di danneggiamento dei servizi pubblici", insieme ad altri esponenti indigeni, Marcial Mudarra, i fratelli Saúl e Servando Puerta, Daniel Marzano e Teresita Antazu. Inoltre, Pizango è già stato incriminato per "ribellione, sedizione ed altre offese" dal Tribunale Criminale Provinciale di Lima e sta affrontando una terza incriminazione per "disturbo alla pace" presso il Tribunale Criminale Provinciale di Utcubamba, in Amazzonia.

E' chiaro che questa serie di accuse ed in generale la repressione giudiziaria e politica fanno parte degli sforzi dello Stato per criminalizzare tutte le proteste popolari, per reprimere le giuste rivendicazioni sociali, e quindi poter negativamente influenzare l'opinione pubblica rappresentando i nostri fratelli e le nostre sorelle indigeni del Perù nient'altro che come "vandali o selvaggi, ignoranti incapaci di capire il progresso che porta la globalizzazione".

Perciò, come libertari, crediamo che la lotta dei popoli indigeni, dell'Amazzonia e delle Ande, per la difesa della loro terra, del loro modo di organizzarsi, della loro cultura, sia parte di un programma minimo che comprende la conquista delle richieste dei popoli oppressi dallo Stato, dal capitalismo e dall'imperialismo.

Questa piattaforma minima dovrebbe essere basata sulla necessità di usare l'azione diretta allo scopo di cacciare le multinazionali dalle terre dei popoli native. E' in gioco l'integrità e la sostenibilità dell'habitat e dell'ecosistema della regione - il quale, va ricordato, è uno dei "polmoni" del pianeta- unica garanzia per far sì che ci sia uno sviluppo sostenibile ed un uso pianificato della flora e della fauna, sulla base dei criteri stabilità dalle comunità.

Inoltre, è necessaria un'azione di auto-difesa delle terre, che devono essere riportate alle condizioni originarie..Crediamo dunque che la vera ed attiva solidarietà con la lotta dei popoli indigeni e dell'Amazzonia, prenderà la forma della protesta popolare (agitazione, propaganda, scioperi sindacali e scioperi popolari, azione diretta, etc.), per essere incorporata in una piattaforma generale di lotta basata su quella dei popoli nativi.

Sostenere la giusta protesta dei popoli indigeni e dell'AmazzoniaCome comunisti libertari che non si aspettano nulla dallo Stato (se non la sua distruzione), noi stiamo con la lotta dei popoli nativi quale parte immediata di un progetto più ampio per la liberazione di tutti i popoli sfruttati, e quindi parte di una più ampia strategia o di un programma massimo per la rivoluzione sociale.Per questa ragione, dovremmo sostenere le rivendicazioni che nel breve termine servono a migliorare le condizioni di vita e ad agevolare l'organizzazione sociale, politica ed economica dei popoli indigeni, con lo scopo di affrontare lo Stato sfruttatore e distruggerlo dall'interno, costruendo quei nuclei di potere popolare che abbatteranno quel gigante dai piedi di argilla che è il capitalismo, ferito a morte a livello globale da una crisi globale che non può risolvere se, come noi vogliamo, è la borghesia che deve pagare questa crisi e non i lavoratori.

Per cui noi sosteniamo la lotta dei popoli dell'Amazzonia e delle loro varie comunità per cercare soluzioni immediate e per unirsi nelle seguenti rivendicazioni:· Abrogazione di tutte le leggi che danneggiano o violano gli interessi delle Comunità Native e Rurali: cancellazione della Legge n°29317, la legge sulle Foreste e le specie selvatiche, che è il prodotto di una modifica forzata e parziale del Decreto n°1090 (la "Legge della Giungla") e dei decreti correlati n°1089, 1064 e1020. In altre parole, i 99 decreti che sono stati imposti ai popoli senza averli consultati.

· Rispetto per l'autonomia e l'auto-determinazione delle comunità native e per la loro attiva partecipazione politica nel processo decisionale. La decisione finale sull'approvazione o meno di regolamenti legislativi o di contratti per le concessioni, deve essere presa tramite strumenti di democrazia diretta (assemblee popolari, referendum, etc.).
·
Benefici e servizi affinché le comunità ed i popoli nativi possano sviluppare le loro attività produttive, commerciali ed industriali, nella prospettiva del controllo diretto su questi processi da parte dei popoli stessi, basato sui principi dell'autogestione e della socializzazione.
· Benefici e servizi per promuovere e lanciare l'istruzione e la cultura all'interno delle comunità (per esse e da esse). Più scuole ed insegnanti qualificati per promuovere l'istruzione degli studenti nativi. In altre parole, sviluppo di un sistema educativo di alta qualità senza quelle tendenze alla competizione ed alla sopraffazione che il mercato mondiale del capitalismo richiede.
· Maggiori benefici derivanti dall'esplorazione ed estrazione di petrolio e gas da devolvere ai popoli nativi, insieme alla costruzione di ospedali, strade e tutte le infrastrutture necessarie, previo approvazione da parte dei popoli stessi, gestite dalle stesse comunità tramite strumenti che diano loro il pieno controllo sulla amministrazione di queste infrastrutture.
· Immediata cessazione della campagna di criminalizzazione della protesta che il governo Aprista e la Destra peruviana stanno portando avanti, insieme alla fine della repressione contro gli attivisti sociali e fine degli altri mezzi psicologici di distrazione di massa per spostare l'attenzione del paese dai suoi veri problemi sociali.

Solidarietà internazionale con la lotta dei popoli dell'Amazzonia in Perù!Immediata abrogazione del Decreto che viola la sovranità dei popoli indigeni!Per la libertà e la difesa del pensiero, della cultura e dell'auto-determinazione di tutti i popoli del mondo!Contro l'autoritarismo dello Stato, organizzazione e lotta dal basso!

Basta col NAFTA e con gli altri trattati capitalisti!Fuori dall'America Latina tutte le multinazionali imperialiste e tutte le basi militari americaneStop alla criminalizzazione della protesta; immediato rilascio degli arrestati nelle lotte!Lunga vita alle lotte eroiche dei popoli indigeni di Abya Yala!
Siamo tutti Amazzoni!
Lunga vita a coloro che lottano!
Lima, 5 June 2009Firmatari:
1.. Unión Socialista Libertaria (Lima, Peru)
2.. Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)

domenica 7 giugno 2009

La nascita del laboratorio eco-ambientale del c.s.o.a. Forte Prenestino di Roma


L’idea di formare un laboratorio ambientale all’interno del Forte (così viene brevemente chiamato il c.s.o.a Forte Prenestino di Roma dai frequentatori) nasce durante la primavera del 2008, quando gli agricoltori dell’alta valle del fiume Sacco, del connettivo terra/Terra, hanno comunicato al laboratorio di interazione sociale del Forte, la necessità di compiere analisi chimico-biologiche dei terreni che coltivano e delle acque usate per l’irrigazione. Ricordo che l’alta valle del Sacco, situata in prossimità di Roma, è stata profondamente colpita dall’inquinamento da beta-esaclorocicloesano, un pesticida largamente usato fino all’anno 2000, a causa della gestione criminale del territorio dell’industria chimica, specialmente nella fase di stoccaggio dei rifiuti.
Tornando al laboratorio, questa richiesta ha contribuito in modo determinante ad aggregare persone di varie discipline scientifiche, interessate ad una gestione non mercificante dell’ambiente ed ha portato all’inizio di questo anno alla formazione del laboratorio.
Vari sono i progetti che il laboratorio eco-ambientale sta mettendo in campo, dal cercare di creare un piccolo laboratorio di analisi chimiche, che sia di supporto ai produttori agricoli di terra/Terra e non solo, al tentativo di diventare un punto di riferimento tecnico in grado di monitorare la qualità ambientale del nostro territorio a stretto contatto con tutti quei comitati autogestiti di cittadini che combattono il degrado ambientale imposto dall’attuale modello di sviluppo economico.
Il sogno principale è che questa nuovissima struttura orizzontale ed autogestita divenga un punto di riferimento ambientale per il nostro territorio. E, perché no, che possa diventare anche una forma di autoreddito per quelle giovani figure professionali che intendono mettere al servizio della collettività e non dei pescecani territoriali le loro competenze tecniche.
Attualmente il laboratorio è impegnato sul territorio aquilano colpito dal sisma del 6 Aprile, in contatto e collaborazione con le strutture autogestite di solidarietà presenti nel paese di Fossa (il collettivo di Epicentro Solidale e quello dello Spazio Libero 51), attraverso un lavoro di informazione e rilevamento del territorio.
L’intervento nel territorio aquilano è iniziato il 17 aprile 2009 a Fossa, con un’assemblea pubblica convocata dallo Spazio Libero 51 di L’Aquila e dai geologi del laboratorio eco-ambientale. Lì abbiamo cercato di informare i partecipanti riguardo le dinamiche geologiche che generano i terremoti e le cause principali che portano al collasso dei manufatti durante i terremoti stessi. Si è cercato, inoltre, di discutere gli scenari futuri possibili, marcando il dibattito su una ricostruzione eco-sensibile che porti ad una gestione autonoma del territorio, in virtù delle grandi potenzialità ecologiche territoriali.
Tutto questo in un clima pesantissimo di controllo centralizzato del territorio ad opera delle forze dell’ordine e in special modo ad opera della Protezione Civile, che ha trasformato i campi di accoglienza in veri e propri lager, dove le comunità locali non hanno alcun potere decisionale sulla gestione della vita delle tendopoli; dove anche ricevere la visita di qualcuno proveniente da fuori viene ostacolato con mezzi burocratici assurdi; dove tutto è deciso ed è sotto il controllo della Protezione Civile.
Tuttavia, da questa prima uscita pubblica del laboratorio è scaturito un primo documento informativo dal titolo “Terremoti e prevenzione”, il cui testo è reperibile per intero sia sul sito web della FdCA (http://www.fdca.it/), nella sezione dedicata ai temi ambientali, sia sul n.18 del 10 Maggio 2009 di Umanità Nova, oltre che essere stato fatto proprio da vari siti e blog di controinformazione.
Oltre a spiegare le cause geologiche che generano la maggior parte dei terremoti in Italia, nell’articolo vengono messe in risalto quelle che sono le colpe e le responsabilità dello Stato, delle amministrazioni e delle imprese private nella gestione tecnica del territorio italiano, specialmente dal punto di vista della prevenzione sismica, nelle aree dove la pericolosità in tal senso è elevata, ribadendo come ancora una volta il profitto di pochi sia stato considerato più importante del benessere e della sicurezza dell’intera comunità.
Altro argomento toccato nell’articolo è quello della incapacità, da parte degli organi statali preposti, sia politici che tecnico-scientifici, di organizzare aiuti tempestivi alla popolazione e la loro spocchiosa insensibilità alle opinioni non accademiche. Difatti, alle perplessità sollevate dal tecnico Giuliani, il gotha scientifico italiano ha risposto con supponente sicurezza, appellandosi al fatto che l’aumento dell’emissione del Radon e lo sciame sismico non per forza devono far pensare al verificarsi di un evento catastrofico. Questo è vero, spesso all’aumento dell’emissione del Radon e dell’attività sismica non segue un terremoto di grande energia, è anche vero che tutte le grandi scosse non sempre sono precedute da questi e altri fenomeni premonitori. Però, spesso i due fenomeni sono associati; allora perché non è stato applicato il sano principio di precauzione, coordinando almeno un piano operativo che prevedesse una maggiore tempestività dei soccorsi, ad esempio, col dislocamento strategico dei mezzi? Perché si è risolto il tutto con un’oretta di riunione dove sono state dette una serie di ovvietà sulla pericolosità della situazione, senza però decidere niente? (vedi il verbale della Commissione Grandi Rischi del 31 Marzo 2009 su http://abruzzo.indymedia.org/article/6327). E perché poi Bertolaso si è sentito in dovere di dare dell’imbecille al tecnico Giuliani, comunicando una denuncia per procurato allarme nei suoi confronti?. Chi è Bertolaso? Perché si è fatto un gran parlare degli sciacalli? Chi sono i veri sciacalli e speculatori del terremoto in Abruzzo? Dopo quello che è successo si potrebbe creare un precedente giudiziario denunciando la protezione civile per “MANCATO procurato allarme” o per “supponente e manifesto menefreghismo”?
Comunque, dopo l’assemblea e l’uscita dell’articolo è iniziato il lavoro sul campo dei geologi del laboratorio.
Fino ad ora sono state effettuate tre uscite nelle quali sono state verificate sperimentalmente alcune osservazioni contenute nel documento informativo “terremoti e prevenzione”.
L’intento del nostro lavoro sul campo è quello di scoprire i motivi per cui alcuni edifici hanno subito danni ed altri no. In generale possiamo dire che un edificio colpito da un sisma subisce danni in funzione di varie condizioni al contorno, di cui le principali sono: energia dinamica liberata dal terremoto (magnitudo); effetti locali di amplificazione delle onde sismiche; resistenza intrinseca all’edificio dovuta alle sue caratteristiche di deformabilità.
La prima condizione dipende dalla distanza dall’epicentro e diminuisce con questa e per un abitato piccolo come Fossa è la stessa per tutti gli edifici che lo compongono.
La seconda dipende dalle caratteristiche geologiche e topografiche del sito dove risiede il singolo edificio e può essere molto diversa anche per fabbricati molto vicini (anche vicini di pochissimi metri!).
La terza varia da edificio ad edificio e dipende dal tipo e dalla qualità dei materiali impiegati nella costruzione e dal tipo di struttura portante.
Capire quindi le cause che hanno provocato dei danni selettivi in un abitato come Fossa, o individuare le potenziali situazioni di pericolo futuro in senso dinamico, significa prendere in considerazione le ultime due condizioni al contorno citate: effetti locali di amplificazione sismica e tipologia dei materiali da costruzione e delle strutture.
Quindi durante il lavoro di rilevamento geologico che ci fornirà, appunto, la base geologica territoriale, facciamo anche delle osservazioni sulle tipologie costruttive distribuite sul territorio ed una catalogazione dei danni osservabili macroscopicamente.
Nella prima uscita, effettuata il 9 e 10 Maggio, questa metodologia lavorativa ci ha gia permesso di avere alcune conferme sperimentali a quanto dicevamo nella precedente relazione “Terremoti e prevenzione”, sia nel senso delle tipologie costruttive che delle caratteristiche locali geologiche.
Abbiamo avuto la conferma ad esempio che le vecchie case in muratura, se prive di qualsiasi opera irrigidente come ad esempio dei semplici cordoli in calcestruzzo a livello dei solai, sono le più vulnerabili alle sollecitazioni sismiche. Un’altra conferma è stata quella dei danni dovuti alle amplificazioni sismiche locali nel primo tratto della strada di entrata al paese provenendo da L’Aquila. Qui le abitazioni si trovano su una falda detritica di pendio che è caratterizzata da due diverse tipologie litologiche: una breccia di pendio più antica e prevalentemente cementata ed una falda detritica incoerente più giovane, sovrapposta alla precedente. Da prime osservazioni, gli edifici fondati sulla falda incoerente sembrano interessati da una maggiore diffusione dei dissesti.
Un altro elemento importante è stato l’individuazione di situazioni macroscopiche di vulnerabilità. Una di queste, a conferma di quanto dicevamo nel documento informativo, inerente l’inadeguatezza di certe strutture in calcestruzzo armato, specialmente se non costruite con determinati crismi, riguarda lo stato di degrado della struttura della Scuola elementare di Fossa. In essa l’armatura del calcestruzzo di uno dei pilastri d’angolo è venuta alla luce in seguito al distacco del copriferro provocato dalle vibrazioni del terremoto. Tali vibrazioni hanno avuto gioco facile in un copriferro evidentemente gia lesionato e distaccato dal resto dell’elemento in calcestruzzo, per l’incipiente corrosione di cui sono affetti i ferri d’armatura.
L’armatura della struttura portante della Scuola Elementare risulta fortemente corrosa ed in queste condizioni risulta molto vulnerabile di fronte agli sforzi orizzontali portati da un probabile futuro sisma, anche perché il processo corrosivo continuerà nel tempo con la conseguente e progressiva perdita di resistenza agli sforzi di taglio.
Nella seconda uscita di rilevamento geologico e strutturale a Fossa (16 Maggio) siamo riusciti a ispezionare la parte alta del paese grazie anche all’autorizzazione concessaci dal Comune di Fossa in seguito alla richiesta fattagli dai compagni dello “spazio libero 51”.
Grazie all’autorizzazione siamo stati accompagnati dai VVFF nella parte più alta del paese, dove abbiamo scoperto che i problemi sismici di Fossa non sono solo di natura strutturale costruttiva e microsismica ma anche geomorfologici.
Gia un sentore lo avevamo avuto osservando dal basso le tracce fresche di più di una frana che solcano le pendici orientali del monte che sovrasta il paese a ovest. Tuttavia è solo quando si arriva nella parte più alta del paese che si ha una visione più realistica della situazione.
La strada che sale dalla piazza più alta del paese e che porta verso il convento di S.Angelo, denominata “strada comunale dei frati”, è interrotta subito dopo l’incrocio con la “via del castello” da una frana di crollo costituita da blocchi calcarei delle dimensioni anche di alcuni metri. La frana ha interessato una litologia calcareo organogena, ricca di rudiste (fossili di molluschi di scogliera marina del periodo cretacico), sia intere che in frammenti, intensamente carsificata, sovrastante un’altra formazione, affiorante sul taglio della strada, caratterizzata da un calcare di aspetto “coroide” intensamente fratturato per cause tettoniche.
Tutto questo (l’intensa fratturazione tettonica, i fenomeni carsici superficiali e l’intervento degli agenti atmosferici) ha conferito all’intera parete rocciosa una scarsa compattezza su cui i movimenti sismici hanno avuto facile gioco nel provocare le frane di crollo.
A Fossa ciò introduce un nuovo elemento di pericolosità sismica, di carattere geomorfologico, che va a sommarsi alla inadeguatezza delle strutture costruttive e agli effetti locali geologici di amplificazione dinamica.
La messa in sicurezza dell’abitato non potrà quindi prescindere anche dal risanamento della parete rocciosa che sovrasta Fossa nella sua parte occidentale.
Nella terza, e per ora ultima, uscita di rilievi (30 e 31 Maggio) siamo andati sulla sommità del monte che sovrasta l’abitato di Fossa, dove è situato un antico castello medievale (il Castello di Ocre).
Qui oltre ad avere la conferma dello stato di estrema instabilità della parete rocciosa che sovrasta Fossa, con enormi massi lesionati e quasi staccati dalla parete, abbiamo potuto osservare i danni subiti dal castello. Praticamente il monumento ha subito crolli in tutte le sue porzioni, anche in quelle parzialmente ristrutturate in età recente. L’entità dei danni osservati è un’altra conferma della necessità di applicare sul territorio gli studi sugli effetti locali di amplificazione sismica.
Infatti è abbastanza chiaro che sui danni subiti dal castello, oltre alla vetustà della struttura, ha contribuito anche la sua particolare posizione topografica, caratterizzata dall’essere situato su una stretta cresta, dove fenomeni di riflessioni multiple possono causare il sovrapporsi delle onde sismiche con conseguente amplificazione dell’energia dinamica.
Per ora le poche uscite effettuate ci hanno permesso di appurare che la situazione di Fossa, pur non avendo subito grandi danni nell’abitato, è potenzialmente molto pericolosa e un suo recupero sarà complesso e dispendioso. Tanto è che si parla gia di un abbandono del paese per ricostruirlo in un altro sito. Quello che non si sa è: se e quanto una decisione del genere, se verrà presa, verrà condivisa e compartecipata con le comunità locali o se non sarà un altro comportamento da rullo compressore di uno Stato sempre più autoritario e accentratore.
In tal senso non può non far riflettere l’osservazione di un partecipante all’assemblea del 17 Aprile, che esprimeva la preoccupazione che lo Stato italiano, approfittando del sisma, mirasse in qualche modo allo spopolamento dell’area, in modo che un intero territorio fosse privo o quasi di opposizione, ad uso e consumo delle scellerate quanto autoritarie future scelte in campo di nuove centrali nucleari o di stoccaggio delle scorie prodotte nel “breve inverno nucleare italiano”.

Giugno 2009

I geologi del Laboratorio Eco-Ambientale del c.s.o.a. Forte Prenestino

LAVORO E MORTE.



In un cantiere di lavoro si è sempre in guerra. Si è in guerra col compagno incapace perché ti rallenta, con quello che parla sempre perché ti distrae e ti infastidisce, con chi tenta sempre e comunque di fare il furbo lavorando meno di te perché non si può fare anche il suo lavoro, con l’infame che riporta tutto al superiore perché si rischia qualche richiamo, con il capo squadra perché rompe continuamente e non ti lascia respirare un attimo.


Ma mai, mai si è in guerra con il padrone, mica si è scemi. Si perché, il padrone ti da la possibilità di lavorare, di riscattarti e poco importa se ti da un salario da fame, se si trattiene dalla tua busta paga gli assegni familiari, la tua cassa edile o altro ancora.


Poco importa se rischi, sistematicamente ogni giorno, la tua vita perché bisogna risparmiare sulla sicurezza in nome della produzione e del profitto. E tutto questo spesso accade anche se hai la fortuna di avere un lavoro regolare. Mentre se lavori in nero, come avviene nella maggior parte dei luoghi di lavoro al sud, lì è “normale” che tutto ciò accada, è scontato.


Ed il problema principale è che tutti sanno, e tutti fanno finta di non vedere.


In un cantiere di lavora si è sempre in guerra e come tutte le guerre ci sono sempre dei morti, solo che a cadere. . . sono gli operai.

F.sco63

QUALE COSCIENZA DI CLASSE?



Da qualsiasi parte arrivino i finanziamenti, Stato, Comunità Europea, Fondo Monetario Internazionale o altro ancora non vi è alcun dubbio, sono soldi pubblici.

E buona parte di questi soldi, sono contributi versati dalla classe lavoratrice grazie ai quali lo Stato dovrebbe garantire il funzionamento, ed il conseguente benessere, di tutta la società.

Ma nonostante i lavoratori abbiano la piena consapevolezza di questo tipo di meccanismo, molti di essi ancora considerano questi fondi non come una riserva da utilizzare per il bene comune, ma come un qualcosa da elemosinare al padrone di turno pur di ottenere quel diritto al lavoro (anche se spesso in nero e con conseguenze catastrofiche, in termini di “morti bianche”).

Ed è proprio su questo aspetto che il Potere, con l’aiuto di quei politici collusi con la mafia, si rafforza e continua imperterrito a sottomettere la classe lavoratrice obbligandola a rinunciare, anche grazie a leggi repressive studiate ad oc, a quella coscienza di classe tanto pericolosa per i loro interessi. Per fare un esempio fra i tanti, prendiamo il settore foreste demaniali in Sicilia. L’Azienda, che rispetto alle altre regioni d’Italia vanta il più alto numero di impiegati, tra lavoratori a tempo indeterminato (OTI) e lavoratori a tempo determinato (OTD) per una superficie boschiva nettamente inferiore a tutte le altre aree nazionali, non solo sperpera palesemente i finanziamenti concessegli con progetti che spesso non arrivano mai a buon fine ma addirittura, non tenendo conto in modo scrupoloso del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro) e del CIRL (Contratto Integrativo Regionale del Lavoro), costringe i lavoratori a lavorare in condizioni primitive e disumane.

Oltre a questo è riuscita a creare, negli anni, un ambiente dove il clientelismo/elettorato fa da padrone.

Tutto ciò, ovviamente, con il benestare dei sindacalisti i quali insieme ai dirigenti dell’Azienda, guardie forestali, politici, familiari e amici, spesso usano le proprietà demaniali per grandi abbuffate culinarie (logicamente a spese dei soliti operai “lecca culo”).

Ma la cosa peggiore è vedere, nonostante tutto, la maggior parte dei lavoratori essere completamente indifferenti, come se la questione non li toccasse minimamente.

Vedere come hanno rinunciato così facilmente a lottare, pur di mantenere quel poco concessogli. Vedere come hanno rinunciato alla propria identità di classe, alla propria coscienza di classe, senza la quale non si otterrà mai nulla.


F.sco63

Considerazioni a proposito delle "candidate".

I recenti fatti di cronaca sulle presunte (?) avventure galanti del Berluscapapi e della scelta , poi in parte ripensata , di candidare le “veline” al Parlamento europeo, ci fa riflettere sullo stato in cui versa parte della politica italiana e sulla considerazione che il Pdl o “Partito dei leccaculi” di Berlusconi ha delle istituzioni europee o nazionali e delle donne in generale.

Con l’avvento della televisione commerciale abbiamo assistito alla lenta ma graduale “mutazione genetica” del genere femminile. Se prima era possibile vedere delle donne teste pensanti condurre programmi anche noiosi o un po’ scemi, lentamente il video si è riempito di tette, culi, labbroni siliconati, cosce sempre in vista a qualsiasi ora del giorno e della notte. Per la televisione e alcuni pseudo giornali le donne cessano di essere persone per ridiventare corpi da esibire sulle copertine per vendere più copie ( cosa non si fa per il profitto !). Le donne reali spariscono o appaiono solo in spezzoni di vita reale, tenute in un cono d’ombra che non influenza la pseudo-realtà che i mass media vogliono presentare.


Il femminismo degli anni 70’ lottava contro l’idea della donna oggetto e attraverso le sue lotte e la rivoluzione culturale che da esse scaturiva scardinava i meccanismi su cui si erano basati il mondo patriarcale e la cultura maschilista imperante. Dagli anni 80’ in poi si è avuto un lento ma progressivo attacco alle conquiste fatte dalle donne e al riaffermarsi dell’ idea di donna come corpo, più di plastica che naturale.

Quest’idea ha invaso e pervaso tutti i programmi televisivi, creando nelle giovani donne l’idea pericolosa che per avere successo nella vita e affermare sé stesse fosse necessario sottoporsi a sedute di chirurgia plastica e rendere qualche servizietto di natura sessuale a tutti quelli in grado di spalancare loro le porte del paradiso televisivo.

Dopo le ultime elezioni nazionali, le aspirazioni delle ragazze carine e disponibili si sono allargate alla politica.

Un seggio in parlamento, europeo o nazionale , non importa. La politica è diventata glamour. Del resto si guadagna molto bene, basta ubbidire alle regole del padre-padrone, si lavora pochissimo e, diciamo la verità, sempre meglio che farsi sfruttare a progetto in un call center, se va bene, o restare disoccupate.


Il prezzo da pagare è quello di sempre, basta saperci fare.


Ma la televisione o i giornali di gossip non sono la vita reale, anche se essi la influenzano pesantemente.

Le donne reali, ogni giorno, devono lottare, mediare, soffrire, sopportare per affermare i loro diritti nei posti di lavoro e in famiglia. In particolare , le donne italiane sono quelle che stanno peggio in Europa. Sono quelle che risentono più pesantemente della crisi economica: le prime ad essere licenziate, le ultime ad essere assunte.
Le donne reali si dimostrano le più brave nei posti di lavoro, nella ricerca scientifica, nella scuola.. Questa bravura fa indispettire i maschi, gelosi della nuova concorrenza che devono fronteggiare. Lo si vede già nelle scuole: branchi di ragazzini demotivati che violentano le compagne di classe. L’odio per le donne nasce dalla frustrazione profonda che il maschio non riesce né a gestire né a controllare.
La società capitalista fallimentare crea individui frustrati e rancorosi che sfogano il loro malessere contro le donne, gli immigrati, i barboni, gli handicappati, tutti esseri considerati inferiori.

I manipolatori delle coscienze agiscono in modo tale da dividere coloro che per status sociale e di subalternità dovrebbero essere alleati naturali contro che li sfruttano e li opprimono.

La tattica romana del “divide et impera” funziona sempre egregiamente. I guasti terribili provocati dal consumismo di massa sono sotto gli occhi di tutti.

La crisi economica che morde con violenza i settori più deboli della società, paradossalmente invece di creare alleanze tra i più diseredati e spingerli a rivoltarsi contro i responsabili delle loro vite disgraziate, li allontana ancora di più, li rende nemici.

In tutto questo bailamme non stupisce che tante ragazze, vittime dei falsi miraggi della società dell’immagine e della cultura dominante che attribuisce valore alle donne solo se giovani, carine e disponibili a soddisfare il desiderio maschile, siano disposte a tutto pur di guadagnarsi un posto al sole, spesso spinte anche dalle famiglie.

(Agghiacciante il caso di quel padre che voleva darsi fuoco perché qualcuno non aveva mantenuto la promessa di candidare sua figlia alle prossime elezioni europee).

Del resto spesso l’esempio di donne reali che tante di queste giovani donne hanno è quello di madri stanche, umiliate e sfibrate da esistenze grame, vittime , in molti casi della violenza fisica o psicologica di mariti rozzi e brutali.

Vuoi mettere il confronto con il binomio velina-calciatore? Qui non si vuole giustificare nessuno né si intende fare del facile vittimismo.

La colpa dello scollamento e del deteriorarsi dei rapporti umani, il brusco ritorno ad un passato che si riteneva finito per sempre è da attribuirsi anche alle stesse donne.

In particolare alle cosiddette donne di potere che ben poco hanno fatto per cambiare lo status quo.

E non si capisce il lamentoso appellarsi al voto femminile, se poi questo finisce col favorire gli uomini visto che quasi tutte le donne di partito si limitano a fare le vestali dei maschi padroni. Ennesima dimostrazione del fallimento totale della democrazia rappresentativa che non rappresenta nessuno se non i diritti dei più forti ed il perpetuarsi dei privilegi di una classe parassitaria.

Gli attacchi continui alla libera determinazione delle donne fatti dalla chiesa cattolica e dal ceto politico ad essa subalterna, sono una dimostrazione lampante che la storia non è affatto finita, come teorizzato da Francis Fukuyama, ma essa irrompe continuamente nella vita di tutti i giorni, portando con sé gioie e dolori, sconfitte e delusioni.

Il problema è sempre lo stesso, sotto qualsiasi latitudine, in qualsiasi regime politico, finchè le donne non capiranno e non troveranno dentro di sé la voglia ed il coraggio di ribellarsi ad una società ingiusta ed opprimente che le vuole tenere soggiogate , umiliando la loro fisicità ingombrante, coprendole o scoprendole, la questione femminile rimarrà irrisolta.

Solo una rivoluzione culturale che investa tutti gli aspetti della società,dai rapporti di coppia , all’abolizione delle classi sociali, alla creazione di rapporti in linea orizzontale tra tutti gli esseri umani, solo una rivoluzione realmente libertaria potrà aiutare le donne e tutti gli esseri umani oppressi a liberarsi dalle catene che li tengono legati ad un sistema oppressivo e disumano.

Una Individualità Anarchica Siciliana

" SONO TEMPI CALDI "

Sono tempi caldi, caldi per la repressione che sempre di più si fa sentire sulla pelle di chi vuole manifestare un pensiero di dissenzo verso il sistema, verso il dominio dello Stato e del capitale.

Che la repressione non è mai sparita lo sappiamo bene, ma sembra che ci siano fasi e fasi, e sembra proprio che in questa fase l'azione di repressione sia fondamentale per le strutture statali per reprimere tutti coloro che osano andare oltre e non accettano di assoggettarsi al pensiero unico che il governo vuole imporre.

E questa repressione si vede con le identificazioni, con i pedinamenti e in fine con le manganellate e la violenza fisica a chi osa manifestare, così come è successo a Palermo il 23 maggio a un gruppo di lavoratori della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, che conduce a Palermo la battaglia affianco dell'operaio Salvatore Palumbo che è stato licenziato dalla Fincantieri per la sua denuncia alle condizioni di inesistente sicurezza per i lavoratori all'interno delle strutture di lavoro, e propio a lui hanno tentato di negare il diritto di esporre lo striscione di denuncia, o ancora a un gruppo di lavoratori del Cobas scuola che esponeva uno striscione che ormai da anni viene portato alle manifestazioni per la commemorazione della strage di capaci, che sono stati privati dello striscione e aggrediti da agenti della digos locale e una volta portati in questura denunciati con capi di imputazione come “vilipendio allo stato”.


Già quello Stato democratico che in nome del potere politico e del capitale reprime con la forza tutti i dissenzi, quello Stato repubblicano ed antifascista che ha permesso e permette a partiti e a persone dal passato e dal presente chiaramente fascista di presiedere la camera, questo Stato che combatte così tanto contro la mafia da permettere il sequestro da parte dei suoi funzionari di uno striscione che recita lo slogan “La mafia ringrazia lo strato per la morte della scuola pubblica”, già perchè non vogliono farci dire la verità, la morte della scuola pubblica e di quello che significa la pari istruzione a tutti e il pane per la mafia che sull'ignoranza e la diseguaglianza cresce, e sempre lo stesso Stato che permette a persone dai chiari e ben conosciuti legami mafiosi di stare in senato, in parlamento e alla camera, ma non è nuovo il fatto che lo Stato faccia gli interessi della mafia essendo l'uno congeniale all'altro.


La repressione che si fa sentire sulla pelle di chi osa manifestare per migliori condizioni di lavoro, non sia mai che lo stato permetta ai lavoratori di ribbellarsi ai loro padroni, ma non importa se i lavoratori muoiono come alla saras di Sarroch in sardegna, già perchè tutto è lecito pur di garantire la protezione al potere economico capitalista.


E la repressione non si ferma ai confini nazionali, no, perchè le polizie politiche e le intelligence collabborano tra loro a livello mondiale per permettere la repressione dei sovversivi in tutto il mondo, così come sta succedendo in Cile dove la caccia all'anarchico da parte del governo del presidente socialista Michelle Bachelet Jeria, che ordina alla sua polizia di sgomberare le case occupate da anarchici nella capitale Santiago del Cile: La Idea, cueto con andes, Sacco e Vanzetti, e da chiudere alcune facolta delle università che sono più attive e noti luoghi di impegno per i movimenti politici e sociali. E ancora una volta la morte colpisce il movimento anarchico, questa volta ad essere morto è Mauricio Morales un giovane militante di 27 anni, morto come sempre in circostanze misteriose che caratterizzano sempre la morte dei compagni, che secondo la versione ufficiale delle autorità cilene è stato autore di un, in diverse situazioni già sentito dire, "suicidio terroristico" ai danni della scuola della Gendarmeria ovvero il luogo dove si addestra la polizia penitenziaria cilena, lo stesso "suicidio terroristico" che ha colpito il movimento con la morte di Peppino Impastato e ancora prima di Feltrinelli.


E ancora una volta ci vengono in mente tutti quei compagni che anno pagato con il sangue o con la libertà il loro impegno politico, e ricordandoli giuriamo di non arrenderci e di lottare sempre al fianco dei lavoratori, degli oppressi e degli sfruttati, per la creazione di una società diversa, perchè trionfi l'uguaglianza economica e la libertà, per l'anarchia e per il comunismo.

Roberto x La Sezione “Delo Truda” FdCA Palermo – Sicilia.

Il movimento Comunista Anarchico Internazionale oggi

Relazione per il Convegno sui 90 anni dalla nascita dell’Unione Comunista Anarchica d’Italia, Firenze 7 giugno 2009.


Le esperienze organizzative dei comunisti anarchici nel mondo degli ultimi decenni sono difficilmente paragonabile tra di loro, essendo frutto di situazioni e storie locali segnate da discontinuità, confusione e tutti i mali di un movimento poco unito e insicuro delle sue origini. Infatti diventa difficile anche parlare di un movimento comunista anarchico e forse sarebbe il caso di adoperare il termine “galassia anarchica”. Negli ultimi 80 anni, in parte grazie alla repressione che gli anarchici e tutto il movimento di classe ha subito, con il diffondersi di Stati altamente oppressivi ed autoritari, fascisti e comunisti autoritari, ma in parte anche per via della confusione inerente alla galassia anarchica, a livello mondiale i comunisti anarchici hanno fatto grande fatica per tenere viva l’idea del comunismo anarchico, a volte riuscendo, il più delle volte no. Ci sono stati momenti di grande speranza, ma ci sono stati anche lunghi anni di letargo, in cui il filo storico del nostro pensiero venisse interrotto e dimenticato. Questo ha fatto sì che in molte parti del mondo, ogni nuovo tentativo di riprendere quel filo, di ricominciare a costruire il movimento, ha prima dovuto ritrovare un’identità, ripensare tutto daccapo, poiché mancava una chiara memoria storica delle esperienze fatte fino a quel momento. Mancava il partito dei comunisti anarchici, mancavano i mezzi di trasmissione delle esperienze e del pensiero: si doveva, come dicono gli inglesi, “reinventare la ruota”.

In Italia, come in pochi altri paesi, siamo stati più fortunati e non c’è dubbio che la maggior continuità organizzativa e delle idee e forse i maggiori livelli di coscienza politica hanno contribuito molto sia a rendere più facile il nostro ruolo di memoria storica che a rendere possibile la continuità organizzativa rappresentata dalla ormai ultraventenne Federazione dei Comunisti Anarchici.

Ma altrove la situazione è cambiata molto nell’ultimo decennio. Dagli ultimi anni ’90, una nuova vitalità investe tutto il movimento di classe in ogni continente, e finalmente si può nuovamente parlare di un movimento comunista anarchico mondiale. Non intendo qui esaminare i motivi per questo “rinascimento”; mi limiterò a presentare un panorama del movimento comunista anarchica al mondo d’oggi.

Sebbene non sia la causa della ripresa del nostro movimento, è importante sottolineare il ruolo estremamente importante svolto dalle nuove tecnologie, che offrono una grande varietà di mezzi per diffondere le nostre idee, tra cui i più importanti sono indubbiamente l’editoria fai-da-te (fogli, giornali, riviste, libri, volantini, adesivi, ecc.) e l’internet (mailing list, siti web, blog, notiziari, forum di dibattito, archivi e biblioteche, canali video, radio online in streaming, podcast, ecc.). Inizialmente lenti nell’uso di tali strumenti, i comunisti anarchici hanno saputo sfruttarli bene, chi più e chi meno, ma non ci sono dubbi che le possibilità che ci offre l’internet – ossia la rapidità e la facilità di comunicare, indipendentemente dello spazio – sono state innegabilmente della massima importanza. Penso a quello che avrebbe potuto Bakunin, fosse vivo oggi!

Passiamo ora, con l’ausilio proprio dell’internet, ad una panoramica del movimento comunista anarchico internazionale oggi.


Nord America

North-Eastern Federation of Anarchist Communists
L’esperienza organizzativa più nota degli ultimi tempi è senz’altro quella della North-Eastern Federation of Anarchist Communists (NEFAC). Nata nel 2000 da una rete di comunisti anarchici del Quebec e del nord-est degli USA, i militanti della NEFAC si impegnano, oltre al lavoro della Federazione, negli organismi di base, favorendo l’intervento nelle lotte contro la globalizzazione e contro la guerra, la solidarietà internazionale, il sostegno ai prigionieri politici, l’antifascismo, l’organizzazione dei lavoratori e del territorio e contro la povertà. Pubblica la rivista semestrale “Northeastern Anarchist”.

Union Communiste Libertaire
Nel novembre del 2008, i gruppi NEFAC del Quebec, insieme ad altre individualità hanno dato vita all’UCL. I suoi militanti sono impegnati nella propaganda del comunismo anarchico, anche attraverso canali radio e conferenze, e nelle lotte della classe, sia autonomamente che all’interno dei movimenti sociali. Pubblica il giornale bimensile “Cause Commune”.

Common Cause
Basata nella regione canadese dell’Ontario, CC è nata nell’autunno del 2007 dopo un processo di dibattito tra i comunisti anarchici della regione che ha avuto come culmine un giro di conferenze in varie città dell’Ontario sulla questione dell’organizzazione comunista anarchica da parte di un militante irlandese, Andrew Flood, che presentava l’esperienza organizzativa irlandese. I militanti di CC favoriscono il lavoro nei luoghi di lavoro e nel territorio. Pubblica il bimensile “Linchpin”.

Amanecer
“Amanacer: Por Un Anarquismo Popular” è una nascente organizzazione especifista, attiva nella California, soprattutto nella zona di San Francisco. I militanti, la maggior parte di cui sono bilingue inglese-spagnolo, sono impegnati soprattutto nelle questioni di genere e di razza e militano in organismi di base dei lavoratori migranti e dei quartieri popolari, e anche all’interno degli IWW.

Common Action
CA nasce nel giugno 2008, anch’essa sotto l’influenza del giro di conferenze del compagno irlandese. Riprende in parte il lavoro iniziato dal Northwest Anarchist Federation di qualche anno fa. Basata nel nord-ovest statunitense (Washington e Oregon), pubblica il giornale “Intersections”.

Workers Solidarity Alliance
Nata nel 1984, la WSA è l’organizzazione anarchica più vecchia del continente e uno dei pochi punti di continuità. Infatti alcuni suoi militanti sono ex militanti della Federazione Comunista Anarchica del Nord America (ACF/NA) degli anni ’70. Per molti anni era la sezione statunitense dell’AIT, fino alla sua esclusione (ancora discussa) nel 2000. Sebbene non sia un’organizzazione squisitamente comunista anarchica, ha avuto un ruolo importante nel tenere vivo sia l’anarchismo di classe che il concetto del dualismo organizzativa. Oggi, molti militanti sono iscritto all’IWW e la WSA come organizzazione è attivo soprattutto nella solidarietà con le lotte dei lavoratori anche in Africa e Asia.

Infine ci sono diverse piccole organizzazioni comunista anarchiche negli Stati Uniti organizzate a livello locale, quali Buffalo Class Action nello stato di New York, il Capital Terminus Collective di Atlanta, Georgia, la Four Star Anarchist Organization a Chicago e la neonata Miami Autonomy & Solidarity nel Florida, di cui gran parte dei militanti sono latinoamericani e haitiani.

Nel maggio del 2008, si è svolta a New York una Conferenza degli Anarchici di Classe, la prima di una serie di conferenze che rappresentano un tentativo di creare un più profondo senso di unità e uno spirito di collaborazione tra i militanti di classe negli Stati Uniti.

Messico
I compagni in Messico non sono ancora riusciti a dotarsi di una organizzazione specifica, nonostante il congresso anarchico svoltasi a Città del Messico nel 2007. Tuttavia i compagni a Città del Messico gestiscono una libreria sociale e ci sono individualità in altre parti del paese, tra cui componenti dell’Alianza Magonista Zapatista e di VOCAL (Voces Oaxaqueñas Construyendo Autonomía y Libertad).

Sud America

E’ in America Latina dove le idee comuniste anarchiche riscuotono più consensi tra i militanti di classe. Questa parte del mondo ha partorito la strategia organizzativa che si chiama “especifismo”. L’especifismo è in realtà niente altro che il dualismo organizzativo tipico dei comunisti anarchici, e trova le sue radici nelle idee di Bakunin. Viene tradizionalmente differenziato dal “piattaformismo” a causa della sua comparsa autonoma negli anni 1950, promosso dalla Federazione Anarchica Uruguayana. Negli ultimi 10 anni, però, sempre più organizzazioni sud- e centramericane si riconoscono nel comunismo anarchico di ispirazione “piattaformista”, grazie anche alla disponibilità di testi di matrice europea, nuovamente tradotti e diffusi per via telematica.

Brasile:
Ad oggi, il Brasile non ha un’organizzazione nazionale, grazie anche alle sue dimensioni. L’organizzazione più vecchia è la Federação Anarquista Gaúcha (FAG), formata nel 1995. E’ un’organizzazione diffusa nella regione del Rio Grande do Sul, con base a Porto Alegre. Nel 2001, viene organizzato il Forum dell’Anarchismo Organizzato, su impulso della FAG. Il Forum, che si incontra una volta all’anno, è un processo che mira alla creazione di una federazione nazionale. I dibattiti e le iniziative di collaborazione durante l’anno servono a trovare un percorso comune e una base politica solida sulla quale fondare tale federazione. Attualmente raggruppa quattro organizzazioni: la FAG, Vermelho e Negro (fondato nel 2005 e presente nello stato di Bahia), il Coletivo Anarquista Zumbi dos Palmares (fondato nel 2001 e presente nello stato di Alagoas), e la Rusga Libertária (presente in Mato Grosso). Il FAO pubblica la rivista trimestrale “Socialismo Libertário”.

Oltre a queste organizzazioni, esistono altre organizzazione che attualmente restano fuori del FAO. Il più importante di queste è senz’altro la Federação Anarquista do Rio de Janeiro, dello stato omonimo. La FARJ nasce nel 2003 e ha tenuto il suo primo congresso nel 2008, dove sono stati approvati una lunga serie di documenti politici, testimonianza del suo carattere di organizzazione comunista anarchica fondata sull’unità politica e sul dualismo organizzativo. Gli atti del congresso furono pubblicati inizialmente su Anarkismo.net e successivamente in formato libro presso la Faisca editore. La FARJ pubblica il bollettino “Libera”. Dopo qualche iniziale problema con il FAO, la FARJ ora mantiene buoni rapporti con le organizzazioni membri e non mancano iniziative congiunte.

Nel confinante stato di São Paulo, si sta formando, anche sotto l’impulso della FARJ, una nuova organizzazione, attualmente conosciuta come la Pró-Federação Anarquista de São Paulo. Nello stato settentrionale di Ceará, abbiamo la Organização Resistência Libertária, che ha ospitato nel dicembre 2008 il 1° Incontro Libertario, una festa di 4 giorni ricchi di dibattiti, organizzata in collaborazione con l’università di Ceará e la FARJ e con la partecipazione di altre organizzazione comunista anarchiche.

Uruguay:
La ormai storica Federación Anarquista Uruguaya rimane l’organizzazione più nota del paese. Nata nel 1956, è anche l’organizzazione comunista anarchica più vecchia al mondo e fu promotrice del concetto dell’especifismo. Purtroppo non abbiamo contatti consistenti con l’Uruguay, ed è difficile avere precise informazioni sulle iniziative organizzative lì. Viene pubblicato in Anarkismo.net un bollettino comunista anarchico - Periódico Rojo y Negro – dell’omonomo collettivo. Il bollettino si interessa delle lotte sul territorio, sindacali e studentesche. Poi c’è l'importante Centro Social “El Galpón De Corrales” che promuove l’autogestion e che è sede di un gran numero di diverse iniziative. Partecipa all’ELAOPA, o Incontro Latino-Americano delle Organizzazioni Popolari Autonome, che raggruppa molte delle organizzazioni di base promosse dai militanti comunisti anarchici sudamericani. Non ci sono più notizie della Organización Libertaria Cimarrón, né della Federación Libertaria, fuoriuscita dall'OLC nel 2007.

Argentina:
In questo paese sono presenti tre organizzazioni comuniste anarchiche. La più nota è la Organización Socialista Libertaria, nata nel 2000. E' presente a Buenos Aires e nella città di Paraná. Pubblica il periodico "En La Calle". La Red Libertaria nasce a Buenos Aires nel 2002. Pubblica il mensile "Hijos del Pueblo". infine c'è la neonata Columna Libertaria Joaquin Penina, basata nella città di Rosario.

Cile:
Anche il Cile ospita un fiorente movimento comunista anarchica. A causa dell'immensità del paese in termini di lunghezza (oltre 6.000km!) un percorso per creare un'organizzazione nazionale è difficilmente intraprendibile. Pertanto le varie organizzazioni esistono soprattutto a livello locale. E' un movimento in costante crescita, che vede la predominanza di metodi e posizioni comunista anarchiche. Il gruppo più vecchio nel paese è il collettivo redazionale della storica rivista comunista anarchica "Hombre y Sociedad". Da qui sono partiti gran parte delle iniziative per creare organizzazioni specifiche, almeno quelle geograficamente basate intorno a Santiago.

La prima organizzazione comunista anarchica dell'attuale fase è la Organización Comunista Libertaria, formato sulla base del Congresso di Unificazione Comunista Anarchica (CUAC) nato nel 1999. A Santiago e a Concepción, c'è il gruppo comunista anarchico Voz Negra, che pubblica il bollettino "Solidaridad" ed ha legami organici con il FEL (di cui sotto). Infine c'è Estrategia Libertaria, anch'essa collegata alla redazione di HyS. Ad Arica nel nord del paese sul confine con il Perù, esiste il Corriente de Acción Libertaria.

Oltre alle organizzazioni specifiche, ci sono varie iniziative di origine comunista anarchico nel paese, il più importante di cui è senz'altro il Frente de Estudiantes Libertarios, presente in 7 città dal 2003 e forse la più grande organizzazione di stampo comunista anarchico al mondo. Un gruppo di lavoratori hanno dato vita a una rete di collegamento di operai comunisti anarchici dal nome La Batalla de los trabajadores, che pubblica il bollettino "El Andamia". La Agrupación de Pobladores y Pobladoras Sin Techo lavora tra i senza casa, il Grupo Iniciativa Popular è un'organizzazione di base sul territorio e c'è addirittura un collettivo comunista anarchico di artisti di murales, dal nome Muralistas Luis Olea.

Perù:
La Unión Socialista Libertaria è ora presente in più città e nasce dal gruppo di Lima, Grupo Qhispikay Llaqta, successore del Grupo Estrella Negra. Pubblica la rivista "Qhispikay" e il bollettino "Lucha Libertaria" e sono vicini ai compagni cileni del CAL. Esiste anche un collettivo che pubblica la rivista "Humanidad".

Bolivia:
Abbiamo una nuova organizzazione comunista anarchica in Bolivia, dal nome Organización Anarquista por la Revolución Social. Tengono contatti con altre realtà dei paesi confinanti. Pubblica il giornale "Grito Andino Libertario".

Ecuador:
In Ecuador esiste il Grupo Anarco Comunista “Hijos del Pueblo” che edita il giornale "Chasqui Anarquista".

Colombia:
Colombia, come un po' tutto il continente, è sede di un fiorente movimento comunista anarchico. Il Grupo Antorcha Libertaria, con sede a Bogota, pubblica la rivista "Acción Directa". In più, c'è la neonata Red Libertaria Popular Mateo Kramer che raggruppa una decina di collettivi vari, pubblicando peraltro la rivista "Mech(a)".

Africa

Il movimento comunista anarchico in Africa è rappresentato soprattutto dallo Zabalaza Anarchist Communist Front, che ha le sue radici nell’Anarchist Revolutionary Movement, nato nel 1992. Zabalaza mantiene rapporti stretti con il movimento sudamericano, e soprattutto brasiliano. Pubblica la rivista semestrale “Zabalaza”. Uno dei punti forti dell’organizzazione è la propaganda, e mantiene una folta biblioteca on-line di materiale vecchia e nuova in formato opuscolo per facile scarica e stampa. Zabalaza organizza anche una sorta di scuola militante, i Red & Black Forums, per sostenitori, militanti dei movimenti sociali nelle townships ed altri militanti di sinistra. Questi incontri hanno avuto un certo successo nel diffondere le idee ed i principi anarchici. Sebbene si tratti di una piccola organizzazione, è comunque abbastanza influente.

Non esistono organizzazioni politiche anarchiche negli altri paesi del continente. Tuttavia, ci sono collettivi e individualità comunisti anarchici in Zimbabwe, Swaziland ed Egitto. In Marocco ed Algeria ci sono organizzazioni sindacalisti che mantengono contatti con simili organizzazioni europee quali la CGT spagnola e la CNT-f. Quest’ultima organizzazione infatti produce una rivista bimestrale in francese, “Afrique sans chaînes”, per un pubblico africano di lingua francese in collaborazione con Zabalaza.

Asia

Nel continente asiatico si comincia a vedere i primi segni di un nuovo movimento comunista anarchico. In Indonesia, esiste da qualche tempo un collettivo composto principalmente di comunisti anarchici. Produce una rivista dal nome “Satubumi”, contenente materiale tradotto ed originale. Ha anche tradotto e pubblicato in indonesiano la “Piattaforma Organizzativa”. Ci sono militanti comunisti anarchici in Cina, nelle Filippine.

Nell’Asia occidentale, conosciamo individualità comuniste anarchiche in Irak, Siria, Giordania, Pakistan, Israele. In Turchia, si è sciolta nell’ultimo anno l’Iniziativa Comunista Anarchica, anche se i suoi militanti continuano il loro lavoro nelle organizzazioni operaie e negli organismi territoriali.

Oceania

Australia ha un piccolo movimento anarchico. L’unica organizzazione comunista anarchica è il Melbourne Anarchist Communist Group, dell’omonima città. Pubblica il bollettino “The Anvil”. In Nuova Zelanda, abbiamo l’Aotearoa Workers Solidarity Movement, nato nel 2008 dopo un lungo processo di unificazione e presente in più città del paese. Pubblica il bollettino “Solidarity”.

Europa

Il comunismo anarchico in Europa meridionale – con poche eccezioni – è attualmente in una fase di stallo, ma la situazione è ben diversa nel Nord del continente dove il movimento comunista anarchico è riuscito finalmente a concretizzarsi.

Irlanda:
Il Workers Solidarity Movement, nato nel 1984, ha conosciuto una forte crescita negli ultimi anni e ora conta ben 5 sezioni in varie parti del paese, tra cui una nell’Irlanda del Nord. E’ molto visibile nelle varie lotte e mobilitazioni nel paese ed è ormai una delle principali organizzazioni di opposizione sociale e politica in Irlanda. Pubblica il giornale bimensile “Workers Solidarity”, che viene distribuito gratuito in fino a 20.000 esemplari, e anche la rivista semestrale “Red & Black Revolution”.

Gran Bretagna:
Nel 2008 è nata una nuova organizzazione comunista anarchica in Inghilterra: Liberty & Solidarity, in cui è confluito successivamente il gruppo Praxis di Glasgow, creando un’organizzazione nazionale con sezioni in più parti del paese. I militanti di L&S a Londra lavorano nella London Coalition Against Poverty, che fornisce servizi e organizza azioni dirette a beneficio dei senza casa. La maggior parte dei militanti sono anche iscritti agli IWW oltre ad essere iscritti di un sindacato di mestiere.

Francia:
Il movimento comunista anarchico francese continua ad avere come maggiore referente Alternative Libertaire, nato nel 1991 e presente a livello nazionale con oltre 40 sezioni. Pubblica il mensile omonima. Tuttavia, esiste anche un’altra organizzazione comunista anarchica. Si tratta di un gruppo fuoriuscito dalla Fédération Anarchiste – la Coordination des Groupes Anarchistes – che ormai è presente in tutto il paese con circa 15 sezioni. Pubblica il mensile “Infos & Analyses Libertaires”.

Svizzera:
Il comunismo anarchico svizzero continua ad essere rappresentato dall’Organisation Socialiste Libertaire, presente soprattutto nella Svizzera Romanda. Nella Svizzera di lingua tedesca, ci sono alcuni comunisti anarchici all’interno della rete anarchica, Libertäre Aktion Winterthur.

Germania:
Paese con una forte tradizione anarchica, la Germania del 2000 non ha che un solo piccolo gruppo comunista anarchico, a Berlino. L’Anarchistische Gruppe “Solidarität von Unten” è nato nel 2008 su posizioni comuniste anarchiche. Si dedica soprattutto alla propaganda di testi classici in traduzione tedesca, tra cui anche la Piattaforma Organizzativa.

Norvegia:
E’ nata all’inizio del 2009 un’organizzazione comunista anarchica in Norvegia: Motmakt (Contropotere). E’ la prima organizzazione del suo tipo nella storia del paese. Il gruppo promotore ha anche pubblicato un libro contenente la prima traduzione in norvegese della “Piattaforma Organizzativa”.

Oltre alle organizzazioni di cui sopra, siamo a conoscenza di nuclei ed individualità comunisti anarchici in Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovenia, oltre all’organizzazione comunista libertaria Azione Autonoma dell’ex-URSS.

Essere comunista anarchico

Quali sono gli elementi che accomunano le varie organizzazioni comuniste anarchiche al mondo? In primo luogo, c’è la coscienza della necessità dell’organizzazione politica permanente degli anarchici su basi federali, con una strategia comune più o meno articolata, che informa il lavoro politico dei militanti. Secondo, il dualismo organizzativo: i militanti sono presenti negli organismi della classe nei luoghi di lavoro e nel territorio, dove promuovono la democrazia diretta, l’azione diretta e l’alternativa libertaria alle forme gerarchiche e verticali. Altro elemento importante è la ricerca di una sempre maggiore unità politica non solo a livello regionale o nazionale, ma anche a livello internazionale e stiamo vivendo infatti un periodo di intensi scambi tra le organizzazioni allo scopo di conoscersi meglio e di trovare i punti di accordo politico.

C’è inoltre la diffusa coscienza che l’organizzazione permanente serve anche come mezzo di nutrire e proteggere la memoria storica della classe. Non sempre i comunisti anarchici si sono occupati di ciò, e per i più vari motivi, ma assistiamo ora ad una rinascita nello studio dei movimenti di classe e un pubblico sempre più avido di scoprire il nostro passato. Un ottimo esempio ne è una nuova storia dell’anarchismo dalle mani di due compagni sudafricani, Schmidt e Van der Walt. Ma ne è prova anche la grande quantità di articoli di storia ripubblicati sul sito Anarkismo, ripresi dalla stampa anarchica di tutto il mondo.

Prospettive

Uno degli strumenti più importanti del movimento internazionale è stato il progetto di Anarkismo. Nato il Primo Maggio del 2005, il sito è cresciuto notevolmente d’allora, sia nella partecipazione che in termini di lettori e influenza. Ci sono circa mezzo milione di visite al sito ogni mese, per un totale di 2 milioni e mezzo di pagine lette e, ancora più importante, le notizie pubblicate su Anarkismo vengono distribuite anche su Google News, che ci permette di attrarre un enorme numero di lettori che altrimenti non verrebbero a contatto con il movimento comunista anarchico. Anarkismo è gestito da un collettivo redazionale composto di delegati di 16 organizzazioni. E’ pertanto un importante sperimento di collaborazione pratico tra i comunisti anarchici e inoltre ci da la possibilità di conoscere meglio il lavoro svolto dai compagni e dalle compagne in tutto il mondo, nonché le condizioni in cui vivono e operano. Un’altra conseguenza di questo lavoro è stato l’aumento nel numero di comunicati congiunti che sono stati pubblicati, resi possibile grazie alla struttura del collettivo redazionale che unisce le organizzazioni comuniste anarchiche.

Anche se non ancora direttamente collegato, il forum di Anarchist Black Cat fu lanciato nel febbraio del 2008. Si tratta di un luogo di incontro e dibattito per tutti e tutte, con forum divisi per zona geografica e per area tematica. E’ largamente partecipato e si sta rivelando un utile strumento per creare un maggiore senso di solidarietà e comune identità. Il forum ha inoltre delle aree riservate ai militanti delle organizzazioni comuniste anarchiche, e sono nate diverse iniziative grazie alle possibilità che il sito offre agli utenti.

Qui concludo, ringraziandovi per la vostra attenzione. Rimane solo da dire che si continuerà a fare ogni sforzo necessario affinché il movimento comunista anarchico nel mondo trovi sempre più unità e sia sempre più unito nella lotta che tutti noi portiamo avanti contro il Capitalismo, per una nuova società internazionale ed internazionalista di Libertà, Uguaglianza e Solidarietà!

Arriba los che luchan!

Nestor McNab
Uffico Relazioni Internazionali della FdCA

Maggio 2009.

La Federazione dei Comunisti anarchici



FIRENZE, 7 GIUGNO 2009
CONVEGNO SUI COMUNISTI ANARCHICI IN ITALIA
NEL 90° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE
DELLA UNIONE COMUNISTA ANARCHICA D’ITALIA


La Federazione dei Comunisti Anarchici

La Federazione dei Comunisti Anarchici, è la più longeva e recente esperienza organizzativa e politica dei comunisti anarchici in Italia.
Essa è il lascito storico dell’evoluzione di un tormentato processo di esperienze politiche ed organizzative, regionali e nazionali, di cui sono stati protagonisti diverse centinaia di attivisti e militanti comunisti anarchici, comunisti libertari, formatisi nella temperie di lotte di classe in Italia del decennio 1968-1977. In particolare dal 1972 e fino al tutto il 1977 fervono iniziative e dibattiti sulla necessità di un’organizzazione politica nazionale comunista anarchica che raccogliesse le esperienze politiche in corso e che offrisse un approdo alternativo –all’interno di un movimento anarchico poco dinamico a fronte del movimento di classe che attraversava il paese- ai tanti anarchici impegnati nell’intervento sindacale nei posti di lavoro, nel territorio, nelle lotte sociali diffuse del periodo. Bisognerà attendere però la prima metà degli anni '80 per veder maturare le condizioni per l'aggregazione in un'organizzazione nazionale dei militanti comunisti anarchici più determinati e consapevoli della necessità di un simile approdo. E’ su queste basi che nasce la FdCA. E quando nasce, porta già con sé il bagaglio teorico-strategico accumulato in 15 anni, le esperienze maturate e mutuate dai tanti protagonisti di quel periodo. Se –infatti- in gran parte la FdCA nasce dalla confluenza dell’Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (che da alcuni anni aveva iniziato a sperimentare una dimensione nazionale) e dell’Unione dei Comunisti Anarchici Toscani, il patrimonio politico, organizzativo e culturale è in gran parte quello stesso che ha appassionato realtà anarchiche importanti in quegli anni come l’Organizzazione Anarchica Ligure –di cui vorrei ricordare il nostro Franco Salomone di Savona scomparso un anno fa-, l’Organizzazione Anarchica Marchigiana –ed anche qui vorrei ricordare il compagno Cesare Tittarelli di Jesi, anch’egli scomparso nel 2008-, il Movimento Comunista Anarchico Bergamasco, l’Organizzazione Comunista Libertaria di Milano, il gruppo Kronstadt di Napoli, la Federazione Comunista Anarchica emiliana, la Federazione Comunista Libertaria di Roma, le organizzazioni comuniste libertarie della Toscana e tanti altri gruppi –che scuserete se non menziono tutti- protagonisti di lotte, di elaborazione politica, di progettualità comunista e libertaria.
E’ questa di oggi, quindi, una buona occasione per ricordare e ringraziare tutti quei compagni e quelle compagne, quei gruppi e quelle organizzazioni che fin dalla fine degli anni '60 dello scorso secolo, in tutta Italia, hanno contributo a quel movimento ed a quel dibattito politico in cui la FdCA affonda le sue radici e di cui sta cercando di recuperare i contributi più significativi, per il loro valore storico e politico. Storie, elaborazioni, esperienze di lotta rappresentative degli sforzi di quella "meglio gioventù" che cercava di riportare il movimento anarchico organizzato al suo posto ed al suo ruolo propositivo e rivoluzionario nella società. Tra i lavoratori e le lavoratrici, nelle lotte, nella costruzione collettiva di un futuro di uguaglianza e libertà.
Certo, nel 1985 sono solo poche decine i militanti che danno vita alla FdCA: una scelta che avviene quasi in controtendenza in una situazione calante del conflitto di classe e in una fase di profonda ristrutturazione capitalistica che va modificando tanto i rapporti di produzione quanto le relazioni
sociali, ma anche una scelta resa necessaria proprio dall'esigenza di lettura della nuova fase capitalistica e della riorganizzazione delle forze di opposizione comuniste e libertarie per una ripresa delle lotte sociali.
Le basi politiche su cui nasce, si sviluppa ed agisce la FdCA sono semplici ed al tempo stesso impegnative: analisi materialistica delle condizioni concrete di sfruttamento e di dominio, intervento dei comunisti anarchici radicato nel territorio e nelle organizzazioni di massa dei lavoratori, unità teorico-strategica dell'organizzazione e suo agire come soggetto politico autonomo e visibile nella società.
La sua evoluzione politica è di evidente lettura attraverso i 7 congressi tenuti finora. Dal primo congresso del 1985, a Cremona fino al IV Congresso del 1994 a Firenze, la FdCA si muove ancora timidamente, con lo sguardo rivolto alla fucina degli anni ’70, eppure affronta e si impegna in passaggi cruciali della storia italiana, quali la battaglia sindacale contro la riduzione della scala mobile dei salari, la lotta ambientalista contro le centrali nucleari, la lotta anticlericale contro il nuovo Concordato e il sostegno politico-organizzativo dato al Meeting Anticlericale di Fano. Non esiterà ad entrare nell'agone politico, sostenendo sia il referendum per l'abrogazione della legge che tagliava la scala mobile, che quelle per la chiusura delle centrali nucleari.
La caduta dei regimi socialisti autoritari dell'est europeo implica un nuovo sguardo nell'analisi del capitalismo internazionale, di cui viene verificata la tendenza a-nazionale, già ipotizzata nel movimento comunista anarchico nel 1976, ad una strategia di movimento dei flussi finanziari e delle merci senza orario e senza bandiera.
Si "apre" alle prime istanze di auto-organizzazione del sindacalismo di base (movimento dei comitati di base). Vengono messi in luce i primi interventi di modifica dei rapporti di produzione, compaiono i primi riferimenti analitici alla tendenza alla precarizzazione, alla flessibilità, allo sfruttamento dei migranti, alla necessità di aggregazioni autonome dei nuovi soggetti.
. I processi di "globalizzazione" sono già avvertiti e con essi quelli di deindustrializzazione e di declino del capitalismo di rischio. Ne discende una profonda critica alle scelte concertative del sindacato confederale italiano e quindi un rilancio della lotta salariale e per la democrazia sindacale, giocata sul ruolo degli attivisti anarchici nella CGIL e nei sindacati di base, ormai visti sempre più come spezzoni di classe organizzati. Netta è anche la scelta tattica di difesa delle parti della Costituzione nate dalla Resistenza di fronte agli attacchi ed ai tentativi di smantellamento sia formale che materiale dei diritti e delle libertà aggrediti dalla nuova destra che sorge in Italia nei primi anni '90. Viene rilanciato l'intervento nei movimenti sociali a cominciare dai migranti e dalle donne -entrambi spinti ai margini della società dal nuovo governo capitalistico della società.
Ma è col 5° Congresso del 1997 a Firenze che inizia un nuovo periodo per la FdCA, la quale punta ad entrare nel XXI secolo come proposta politica lanciata ai protagonisti contemporanei delle lotte anticapitaliste ed antiautoritarie che si stanno per diffondere nel passaggio di secolo. Viene elaborato il Programma Minimo dei Comunisti Anarchici. Si tratta di uno sforzo analitico e propositivo che rilancia la FdCA come referente politico prima ed organizzativo poi per giovani e più maturi compagni che scoprono il comunismo anarchico e la FdCA quale casa ed approdo per una azione politica incisiva e concreta.
La FdCA riesce così ad essere protagonista nelle lotte contro la cosiddetta "globalizzazione" e gli effetti che da essa derivano sulla condizione del lavoro e della società, contribuendo alla realizzazione delle Marce Europee contro la disoccupazione, la precarietà e l'emarginazione. Molto

forte è l'iniziativa antimilitarista contro la guerra in Kossovo, altrettanto quella contro gli attacchi allo Statuto dei Lavoratori.
La FdCA aderisce alla rete di Solidarietà Internazionale Libertaria, costituita da sindacati ed organizzazioni politiche "sorelle" in tutto il mondo, per progetti di sostegno alle lotte ed agli organismi popolari di base.
I congressi del 2004 e del 2006 raccolgono i frutti si del lavoro degli anni precedenti, che hanno prodotto grandi cambiamenti e novità nella FdCA, la quale pur restando una piccola realtà nell'ambito della sinistra rivoluzionaria, registra una forte fase di espansione geografica e numerica. La nascita di un sito web della Federazione, il rilancio della propaganda, l'intensificarsi dell'azione politica sia nazionale che locale, portano all'organizzazione dei comunisti anarchici nuove e giovani forze..
A livello sindacale si consolida la nuova linea della costruzione del "sindacalismo conflittuale a prassi libertaria" quale metodo di azione e interazione degli attivisti sindacali anarchici e libertari; viene costruito un ambito di lavoro e di intervento dedicato alla "politiche ed etiche di genere". La FdCA si dota di una rivista di politica, cultura e arte denominata "Antipodi" e di un foglio telematico denominato "Alternativa Libertaria".
A tutt'oggi è presente in Liguria, Lombardia, Emilia, Veneto, Friuli, Marche, Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Calabria, con presenze anche in Svizzera e Portogallo.
La cospicua mole di elaborazione teorica e politica prodotta in questi 24 anni è oggi disponibile sul sito multilingue della FdCA e contribuisce alla progettualità delle altre organizzazioni comuniste anarchiche nel mondo.
La FdCA fa anche parte del comitato redazionale del portale comunista anarchico internazionale e multilingue www.anarkismo.net.
Infine, chi oggi volesse cercare nella FdCA una sorta di rapporto genetico col movimento comunista anarchico degli anni ’70, con la Piattaforma dei Comunisti Anarchici del 1926 o anche con l’Unione Comunista Anarchica d’Italia del 1919, si perderebbe in disquisizioni quantitative e qualitative del tutto inutili dal punto di vista storico e politico. Con quelle esperienze tutti noi abbiamo un debito. Nelle continuità e discontinuità storiche vanno perciò ricercate le premesse di un’identità caratteristica e di un progetto politico rivoluzionario che persiste: l’identità caratteristica di anarchici organizzati su posizioni di classe, il progetto politico rivoluzionario di unità degli/lle sfruttati/e per una società di libere/e ed uguali.

Oggi come ieri.

Donato Romito
Firenze, 7 giugno 2009

sabato 6 giugno 2009

Comunicato congiunto dalle organizzazioni comuniste anarchiche europee

Elezioni europee: solo la lotta paga!

Dal 4 al 7 giugno gli elettori europei saranno chiamati a votare per scegliere chi li "rappresenterà" nel Parlamento Europeo.

Come comunisti anarchici, noi non riteniamo che le elezioni possano portare a dei cambiamenti reali, dato che preferiamo la democrazia diretta al posto della democrazia rappresentativa. In altre parole, preferiamo che le decisioni che riguardano tutti i lavoratori siano discusse ed adottate dagli stessi lavoratori, collettivamente.

Il funzionamento e gli scopi dell'Unione Europea sono del tutto opposti al modello autogestionario e quindi anche agli interessi popolari e dei lavoratori. I leader europei disprezzano a tal punto il popolo che, sebbene possano chiedere la nostra opinione, la sola risposta concessa è quella che fa sua la linea politica della UE, linea che è già stata decisa altrove. Basti pensare al rigetto popolare tramite referendum del Trattato che stabiliva la Costituzione Europea, verificatosi nei paesi della UE in cui si è votato.

Il ruolo del Parlamento Europeo è coerente col sistema che difende gli interessi della classe capitalista. I vertici della UE (la Commissione, il governatore della Banca Europa, ecc.) non sono soggetti ad alcun controllo democratico e sono pesino liberi di difendere i loro interessi contro gli interessi della classe lavoratrice. Lo si vede nella violenza delle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione che sono state messe in atto, e nell'austerità monetaria e di bilancio (lanciata col trattato di Maastricht). Nell'attuale periodo di crisi, tali politiche provocano solo ulteriori sofferenze alla classe lavoratrice. Non c'è stato nessun minimo allentamento degli stretti vincoli del Patto di Stabilità, con cui si impongono livelli molto bassi di spesa e di deficit pubblico. E sebbene la Banca Centrale Europea si dica favorevole ad un allentamento dell'austerità monetaria, quello che poi fa è talmente limitato che potrà solo contribuire ad approfondire la crisi in Europa.

L'Unione Europa è una macchina da guerra che viene usata contro i diritti sociali e contro i lavoratori, specialmente contro i lavoratori immigrati: dumping sociale, taglio dei "costo del lavoro", "libera e distorta competizione", caccia agli immigrati, confini chiusi, cooperazione tra le polizie, e così via.

Perciò l'Unione Europa non è un'istituzione neutrale che ha bisogno di un qualche "rimodellamento" della sue politiche - essa è invece al pieno servizio istituzionale del potere capitalista per servire i padroni ed i banchieri.

L'elezione del Parlamento Europeo non cambierà questa situazione in nessun modo. Solo le lotte sociali unitarie di tutti i lavoratori europei in un ampio movimento sociale europeo possono fermare queste politiche ed incoraggiare la crescita di una forza rivoluzionaria contro il capitalismo e le sue istituzioni, per costruire un'altra società.

Una società basata su reali ideali internazionali di libertà, uguaglianza e solidarietà.

Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Alternative Libertaire (Francia)
Workers Solidarity Movement (Irlanda)
Liberty and Solidarity (Regno Unito)

2 giugno 2009

mercoledì 3 giugno 2009

ASTENSIONISMO RIVOLUZIONARIO LIBERTARIO


Per un'Europa dei popoli e
dei lavoratori europei e migranti

Contro l'Unione Europea,

la falsa democrazia ed il nuovo ordine sociale

I lavoratori e le lavoratrici d'Europa vengono chiamati/e a votare per il rinnovo di un Parlamento che completa il percorso economico, istituzionale e sociale di Lisbona 2007, che aumenta la precarietà, concentra il potere nella Commissione, distrugge ovunque il welfare.

A queste elezioni europee si giunge nel pieno di una crisi economica globale che in Europa viene affrontata dalle istituzioni europee e dai singoli Stati accentuando le strategie iniziate con il nuovo Trattato di Lisbona entrato in vigore l'1 gennaio 2009 e con il lodo per l'accordo sulla flexicurity firmato dal presidente della Commissione Europea, dalla CES-Confederazione dei Sindacati Europei e dagli imprenditori europei nel 2007.

La UE, i suoi capi di Stato e la sua Commissione hanno capito che coinvolgere i cittadini (sebbene con modalità molto limitate e controllate), comporta il rischio che essi si rendano conto che l'ordine sociale che si va costituendo non ha nulla a che fare con relazioni sociali fondate sul rispetto del diritto di ciascuno di vivere e lavorare in questo spazio chiamato Unione Europea.
Col Trattato di Lisbona, infatti, la Commissione europea ha il "potere assoluto" tramite le sue direttive per garantire "alle imprese europee competitive l'accesso ai mercati mondiali e la sicurezza operativa al loro interno".


Inoltre, la Corte di Giustizia garantisce una sola libertà, quella del mercato e la difesa della libera competizione quale condizione per la precarizzazione lavorativa, sociale ed ambientale dei 27 Stati membri.

Col nuovo Trattato si prevede la deregolamentazione di tutta la produzione e dei servizi nella loro più ampia gamma e si consente la pratica applicazione della Direttiva Bolkestein, aprendo così la "porta alla completa privatizzazione della sanità, dell'istruzione, dell'acqua e delle pensioni".

Questa strategia, incurante delle devastazioni della crisi economica globale in atto, spazza via i servizi pubblici (sanità, previdenza, trasporti, istruzione, acqua, casa) sia sul piano simbolico che su quello reale ed introduce il mercato quale strumento per la concessione ("servizi di interesse generale") e per il soddisfacimento (la persona che risparmia potrà accedere alla sanità privata, alla pensione integrativa, ecc.). Questa è l'Europa in vigore dal 1 gennaio 2009, questa è l'Europa che vieta le politiche fiscali di redistribuzione del reddito, che vieta la spesa pubblica, le tutele ed i benefici sociali, ma al tempo stesso ha permesso che al suo interno nascessero i paradisi fiscali.

Questa è l'Europa per cui ci si dice di andare a votare.

In questo quadro, il mercato del lavoro e le politiche relative possono essere governate solo dalle regole auree del capitalismo neoliberista: libera deregolamentazione (flessibilità) e precarizzazione totale e diffusa della forza-lavoro (con rimozione di diritti sociali e sindacali).
In un'Europa che si allarga insieme alla crisi globale, questo significa solo due cose: uso del dumping sociale e negazione del diritto di sciopero a chi chiede stesse condizioni di lavoro per le imprese de-localizzate e re-localizzate, tutto nel nome della competizione sociale e dell'economia di mercato.


Con l'accordo sulla flexicurity, la flessibilità di impresa nella gestione della forza-lavoro prevede in realtà una totale libertà nell'organizzazione del lavoro, che contemporaneamente avrebbe lo scopo solo apparente di garantire sicurezza ai lavoratori nella necessaria adattabilità richiesta dai costanti cambiamenti da un lavoro all'altro e durante i periodi di formazione continua.

E' così che nel mercato del lavoro devastato dalla crisi, si rilancia la parola d'ordine della competitività delle imprese, che a sua volta comporta non solo il dumping sociale, quindi la privatizzazione dei servizi essenziali per la popolazione, ma anche e contestualmente uno sforzo per la riduzione del costo del lavoro tramite strumenti connessi a politiche che incrementino la flessibilità, la mobilità della forza-lavoro e la capacità di adattamento.

Germania, Francia e Italia, quali paesi un tempo "forti" nel campo della sicurezza sociale e "duri" in quello del diritto del lavoro, hanno riformato il mercato del lavoro interno, equiparandosi a Spagna, Irlanda e Regno Unito, in aree quali: sussidi di disoccupazione; minore tutela in caso di licenziamento; aumento dell'età pensionabile; contratti flessibili, indebolimento degli ammortizzatori sociale, ecc.

Anche le politiche comunitarie sull'immigrazione rispondono alla logica di mercato e ad una doppia morale: da una parte c'è il bisogno di lavoro extracomunitario dato l'invecchiamento della classe lavoratrice europea (si tratta di forza-lavoro necessaria e sufficiente per garantire il tipo di lavoro precario richiesto dalla competizione); e, dall'altra, ci sono le politiche che negano il diritto alla cittadinanza, alimentano il razzismo con l'accusa di clandestinità, usano la repressione ed il controllo, alimentando relazioni disuguali, aggressive e di sfruttamento tra il Nord ed il Sud, soprattutto, nell'area mediterranea di influenza europea.

La flessibilità di lavoratori europei ed immigrati comporta dunque di fatto la disponibilità di lavoro in armonia con le esigenze della produzione. Per le imprese niente di meglio in tempi di crisi e di taglio di milioni di posti di lavoro. Il mercato del lavoro diventa dunque un mero meccanismo che comunque agisca e si muova, viene governato da regole (leggi, decreti, magistratura ad hoc, direttive, ecc) e da istituzioni, per sottrarsi a qualsiasi conflitto sociale.

E' proprio nell'inseguire questo modello sociale ed economico frammentato che la lotta sociale e sindacale si è dispersa in migliaia di pezzi perdendo la sua efficacia. Occorre invece ricomporre diritti ed interessi immediati dei lavoratori e dei cittadini in un nuova concezione ed organizzazione unitaria ed industriale di tutto il lavoro salariato.

Occorre oggi opporsi alla logica della segmentazione e della flessibilità dei modelli sociali e produttivi del capitalismo globale e battersi risolutamente per i diritti per tutti gli uomini e tutte le donne, diritti sindacali, diritti sociali e civili.

Occorre rimuovere gli ostacoli economici, politici e civili che stanno limitando la libertà e l'uguaglianza nella vita quotidiana, mettere in discussione il loro concetto di partecipazione all'organizzazione dell'ordine sociale. La partecipazione diretta, per noi, è possibile solo sulla base del mutuo appoggio e della solidarietà.

Ai loro concetti di competizione e competitività dobbiamo opporre agli antipodi il nostro concetto e la nostra pratica di solidarietà.

Ogni forza sindacale, sociale e politica coerentemente alternativa deve sostenere i diritti e gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, in una società organizzata sulla base della solidarietà e non della competizione, sulla base del rispetto, della libertà e dell'uguaglianza e non sulla base dell'autoritarismo, dell'individualismo e dell'assenza di democrazia.

E allora non vi è che una sola risposta, l'unica possibile sulla base di questi valori e di queste scelte: MOBILITAZIONE SOCIALE PER:


un'Europa dei popoli e dei lavoratori europei e migranti
per difendere il lavoro e la solidarietà,
per rilanciare la democrazia di base e dal basso,
per sviluppare la democrazia diretta nei nostri paesi,
per difendere e creare spazi collettivi di base ed autogestiti nel territorio e nei posti di lavoro, per radicare la lotta anticapitalista e
per costruire l'alternativa libertaria alla barbarie della crisi scatenata dal capitalismo e dagli Stati.

Federazione dei Comunisti Anarchici


http://www.fdca.it/


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